Testo e immagini di Arch. Giuliano Cervi, Presidente Comitato Scientifico Centrale del CAI

Il tracciato del sentiero CAI dei Ducati, che nella sua tratta Emiliana risale trasversalmente l’Appennino reggiano dalle sue estreme propaggini di pianura per giungere allo spartiacque tosco-emiliano, costituisce un ambito elettivo nel quale osservare e descrivere  le molteplici interrelazioni che legano l’assetto geologico e geomorfologico con i processi insediativi umani;

Il tracciato del  Sentiero dei Ducati che ha una lunghezza di circa 160 km ed ha inizio nell’alta pianura Reggiana in corrispondenza dell’abitato di Quattro Castella, si inoltra poi lungo la valle dell’Enza risalendo progressivamente i versanti appenninici sino a raggiungere il passo di Lagastrello, che costituisce un importante valico della catena appenninica Tosco Emiliana, oltrepassato il quale  scende in Lunigiana per giungere infine a Sarzana. In questa trattazione, tuttavia, sarà esaminato soltanto il tratto di sentiero  che dall’abitato di Quattro Castella raggiunge la Val Tassaro, su una lunghezza complessiva di circa 50 km.  

Questa scelta è dovuta al fatto che in tale tratto sono particolarmente evidenti le interrelazioni che legano i caratteri geomorfologici e geo litologici del territorio appenninico con i processi  dell’insediamento umano  pre e protostorico . Infatti si puo’ affermare che sotto il profilo geologico Il Sentiero dei Ducati  attraversa la sequenza quasi completa nei diversi assetti geologici che caratterizzano l’Appennino Emiliano nel  tratto compreso tra la pianura padana e la fascia altimetrica medio montana .

La varieta’ di litotipi condiziona anche l’assetto vegetazionale e faunistico, che si differenziano notevolmente a seconda dei luoghi attraversati. Agli aspetti geologici si abbinano quelli  storico-culturali, poiché  il territorio percorso dal sentiero ha una grande importanza storica, conseguente alla presenza della nota rocca di Canossa ,che costituì il fondamentale nucleo generatore attorno al quale sorsero numerosi altri castelli ,borghi e pievi; percorrendo il sentiero dei   Ducati si ha quindi la opportunità di osservare lo stretto rapporto che esiste tra contesto geomorfologico ed  insediamento umano fin dai primordi dell’insediamento umano in terra emiliana.   Oltre alle testimonianze insediative  riconducibili all’epoca  medievale, questa zona infatti è caratterizzata da numerosi siti archeologici risalenti a periodi  pre e protostorici, anch’essi sempre caratterizzati da uno stretto rapporto tra caratteristiche geomorfologiche dei luoghi e posizionamento  dei siti abitati.

La zona percorsa dal sentiero dei Ducati   puo’ quindi essere assimilata ad un’autentica aula didattica per la comprensione dei processi insediativi che nell’Appennino settentrionale hanno caratterizzato le diverse fasi dell’insediamento umano sin dalla antichita’. Sotto il profilo paesaggistico i sentiero offre anche   una  spettacolare sequenza   di scenari ,che intercorrono dalle alte scarpate dei terrazzi alluvionali quaternari dell’alta pianura, alle aspre guglie vulcaniche degli affioramenti ofiolitici basaltici di Rossena e Campotrera, per proseguire lungo le altopianate superfici delle paleostrutture d’epoca quaternaria  di Selvapiana, sino ai dirupati scenari  delle dure arenarie terziarie della Valle del Tassaro.

Un itinerario di cultura, di paesaggio e di conoscenza dello stretto rapporto tra assetto geologico, modellamento ad opera degli agenti atmosferici e modalita’  insediative delle antiche genti. Per queste sue caratteristiche il sentiero dei Ducati  e’ quindi da considerarsi  nella sua interezza un percorso  di rilevante interesse scientifico .

Introduzione ai processi insediativi che caratterizzano l’area di studio

Carattere saliente del  Sentiero dei Ducati e’ costituito dal fatto che offre l’opportunità di visualizzare lo stretto  rapporto che lega  l’insediamento umano ai differenti assetti geo-morfologici. Il primo tratto del percorso, nelle adiacenze dell’abitato di Quattro Castella, interessa  depositi alluvionali a prevalente  natura ghiaiosa la cui origine risale all’ultimo periodo glaciale. Tali depositi facevano parte della grande conoide del fiume Enza che in fasi successive al suo primo formarsi, è stata interessata da  imponenti processi erosivi che hanno dato origine ad estesi lembi terrazzati di territorio altopianato  delimitati da  alte scarpate   che offrono  ottimali condizioni di frequentazione antropica, non  essendo esposti ad alluvionamento  poiché’ situati ad un altezza di alcune decine di metri rispetto alla quota di scorrimento del fiume.

Questi terrazzi, in virtu’ delle  loro insite caratteristiche e per la presenza di terreni superficiali drenanti e contraddistinti  da buona fertilità, costituirono luoghi elettivi per le più antiche frequentazioni umane del territorio emiliano. La zona, infatti,  fu intensamente percorsa  già nel periodo paleolitico, come attestano i numerosi manufatti in pietra selciosa    che sono stati individuati in questi luoghi . Tuttavia nel caso della frequentazione paleolitica, si trattava di presenze  nomadi non connesse a insediamenti permanenti ; le  prime effettive testimonianze della frequentazione stabile  sono invece rappresentate da  piccoli agglomerati di capanne  neolitiche che in più punti sorsero sulla sommità di questi terrazzi, in particolare nelle località di Servirola , San Polo e Madonna del Ponte, strettamente collegati  alle pratiche colturali  sviluppate in tale epoca. Nei medesimi luoghi, in corrispondenza però di alti orografici maggiormente vocati a difesa , sorsero  successivamente anche numerosi villaggi  dell’età del bronzo, espressamente  riconducibili al contesto culturale della cosiddetta civiltà terramaricola emiliana.

Il più significativo di questi insediamenti  è costituito  dalla terramara della  Torlonia,  situata  sul pianoro sommitale di un  colle  che sovrasta  direttamente  i terrazzi alluvionali dell’ Enza, a breve distanza  dalla cittadina di San Polo;  l’origine di questo rilievo e’  probabilmente  riconducibile  a spinte tettoniche generate sui terreni pedecollinari dallo scivolamento gravitativo delle  retrostanti masse appenniniche, che   hanno in più luoghi  risollevato  anche  i depositi ghiaiosi alluvionali delle conoidi. Questo processo morfogenetico  dà origine a rilievi caratterizzati da versanti orografici  stabili ed a pendenza elevata e conseguentemente naturalmente vocati alla difesa. Nel caso dell’insediamento terramaricolo della Torlonia, si configura in modo evidente  lo stretto rapporto che intercorre tra insediamenti umani della eta’ del Bronzo emiliana  e contesto geomorfologico, facendone  un importante  luogo di  studio; questi   insediamenti  erano costituiti , in area appenninica , da insiemi anche estesi  di capanne , strettamente funzionali alle attività di allevamento del bestiame ed alle  colture agricole.

In epoca successiva i morfopiani delle conoidi furono interessati da un’altra tipologia di insediamento permanente, costituito dalla   capillare diffusione delle  abitazioni coloniche  romane,  intercalate  a villaggi di maggiore  estensione. Tra questi  ultimi si segnala in particolare quello di Luceria, nel quale l’insediamento gallo-romano si articola in importante apparato edificatorio organizzato  ad  insule ed attraversato da una strada maestra  che assolve alla duplice funzione di  cardo generatore sia   dell’abitato  che   di asse della centuriazione  realizzata  sulle conoidi alluvionali terrazzate  del fiume Enza. In virtù delle  loro caratteristiche morfologiche, le vaste superfici  delle conoidi si prestavano validamente per accogliere il regolare  reticolo  della centuriazione romana, il cui intreccio fu alla base del successivo impostarsi  dell’insediamento storico medievale.

Seguendo  la direttrice del sentiero dei ducati, inoltrandosi nelle prime propaggini del basso appennino, si raggiunge infatti il complesso fortificato di Rossena e Canossa, che costituisce  un esempio particolarmente significativo dei processi insediativi d’epoca medievale connessi all’assetto geologico; proseguendo verso monte il sentiero  incontra successivamente  l’esteso affioramento delle arenarie terziarie  appenniniche, anch’esse fortemente modellate dagli agenti atmosferici ,in modo tale da  creare le condizioni favorevoli per l’affermarsi di importanti insediamenti fortificati, ma anche consentire la fondazione in età medievale di numerosi complessi borghigiani.

Descrizione del percorso

Da Quattro Castella a Grassano

il tratto iniziale del Sentiero dei Ducati attraversa dapprima i depositi conoidali alluvionali chi si estendono alla base dei primi contrafforti pedecollinari ma subito dopo penetra al loro interno; in questo primo tratto il tracciato interessa in particolare un sistema geomorfologico di grande rilevanza scientifica e culturale costituito dal sistema dei colli di Quattro Castella, facenti parte di un’area riconosciuta come sito di importanza comunitaria (SIC) a seguito dell’elevato interesse naturalistico del luogo.

i 4 Colli di Quattro Castella con il castello del Bianello

Il toponimo fa esplicito riferimento alla presenza di quattro colli sormontati da altrettante strutture  castellane che furono erette alla fine del tardo medioevo; desta  sorpresa la regolarità geometrica dei Colli di Quattro Castella, che sono interamente costituiti dai medesimi terreni alluvionali presenti nella sottostante pianura, tuttavia risollevati ad opera delle masse appenniniche spingenti che nel migrare da  Ovest verso est esercitano forti pressioni sugli strati alluvionali della alta pianura. Il fenomeno è evidenziato dall’ ampio anfiteatro calanchivo direttamente retrostante verso sud i quattro colli, che e’ interamente costituito da terreni argillosi appartenenti alla formazione del cosiddetto caotico mesozoico, avente un’età assai più antica rispetto a quella delle alluvioni quaternarie che formano la struttura dei quattro colli.

Le modalità di incastellamento sulla sommità dei  colli sono meritevoli di particolare attenzione: ognuno dei rilievi  è infatti sormontato da una struttura fortificata che unitamente alla rocca abbina anche il borgo, il tutto contornato da cinta muraria. La rocca è essenzialmente costituita da una massiccia torre a pianta quadrata, con talvolta annesso l’edificio destinato a  residenza feudale ed una cappella ; il tutto a sua volta protetto da una prima cinta muraria al cui esterno si sviluppa il borgo, anch’esso  delimitato da una ulteriore cortina difensiva, frequentemente costituita da una palizzata di legno. Attualmente tre dei quattro castelli sono ridotti allo stato di rudere: solo il castello del Bianello mantiene un aspetto integro, che tuttavia risente delle notevoli trasformazioni a fini  residenziali avvenute nel corso dei secoli e che conseguentemente hanno fatto perdere all’edificio le connotazioni originarie, espressamente riconducibili ad un apparato militare che molto probabilmente costituiva l’avamposto difensivo di Canossa  sul fronte della pianura padana.  Questi castelli costituiscono quindi un importante esempio di incastellamento  di tipo cacuminale, eretti sulla sommità di rilievi caratterizzati da versanti ad elevata pendenza, aventi una prevalente natura alluvionale o marnoso argillosa. Il carattere difensivo del luogo si esprime a livello geomorfologico  nella notevole acclività dei versanti, sapientemente utilizzata ai fini insediativi. Sotto il profilo dell’insediamento antropico è  importante evidenziare anche la presenza di estesi castagneti che ammantano il versante orientale di alcuni dei  colli, grazie alla favorevole natura geologica dei luoghi che da’ origine a suoli particolarmente ricchi di silice, notoriamente favorevoli a tale tipo di coltura. Per contro, nel versante meridionale delle colle del Bianello, l’assetto morfologico ha dato origine ad un’area protetta dai  freddi venti settentrionali, consentendovi da secoli l’impianto di ulivi, alcuni dei quali assai significativi per le loro inusuali dimensioni.

In zona affiora infatti una potente bancata di sabbie compattate ed arenarie fossilifere contenenti un gran numero di gusci di bivalvi e gasteropodi risalenti al terziario finale-inizio quaternario, e che costituiscono la diretta  testimonianza dell’antico Golfo Marino Padano che sino a pochi milioni di anni fa si estendeva su gran parte dell’attuale pianura padana . Anche in questo caso sono notabili i segni della interrelazione tra geologia  e frequentazione antropica : nel vivo della parete rocciosa e’ infatti presente una nicchia, originariamente utilizzata come luogo di raccolta delle attrezzature agricole  utilizzate nella coltura dell’uliveto.

Abbandonata la zona dei quattro colli , il sentiero si incunea nella stretta vallecola argillosa del rio Moja, proseguendo poi  rivolto a Sud in direzione dell’abitato di Riverzana,  sfociando  dopo poco sul crinale che separa il bacino del Torrente Campola da quello dell’Enza, a breve distanza dalla chiesa della Madonna della Battaglia e dall’antico abitato di Sedignano. Di qui prosegue scendendo  nel  fondovalle del Rio Campola e successivamente risalendo  il versante orografico destro , incontrando  nuclei rurali abbandonati ed attraversando un contesto paesaggistico dominato dalle brulle argille mesozoiche, a tratti profondamente incise da forre calanchive; dopo aver costeggiato una carraia di crinale  si giunge alla chiesa isolata di Grassano e di qui, al sottostante vicino omonimo centro abitato. In corrispondenza della chiesa di Grassano si incontra uno dei primi   lembi di arenarie terziarie che sotto forma di estesi  nuclei isolati sormontano le argille: essi costituiscono importanti testimonianze relittuali degli intensi processi erosivi che hanno interessato  le arenarie terziarie che originariamente si estendevano su superfici assai piu’ ampie; la presenza di queste arenarie  agevola notevolmente   l’affermarsi dell’ insediamento antropico , in quanto oltre ad assicurare  una buona stabilità , costituisce anche   una importante fonte di materia prima per la realizzazione delle murature; ne è diretta testimonianza la stessa chiesa parrocchiale, connotata in facciata da un bel ornato in arenaria finemente lavorata. Tutti questi aspetti risaltano con particolare evidenza nel sottostante borgo di Grassano, il cui apparato costruttivo è totalmente incentrato sulla muratura in pietra arenaria, ottenuta per spietramento od  escavazione diretta del locale  affioramento  di questa roccia; una massiccia casa a torre tardomedievale, che si innalza quasi al centro del borgo costituisce  la testimonianza dell’antica età del nucleo rurale di Grassano. La favorevole esposizione dell’affioramento  arenaceo, rivolto ad oriente ed a sud, ha favorito   le pratiche agricole , determinando anche  la costruzione di numerosi terrazzamenti realizzati utilizzando il materiale litoide derivato dalla bonifica del terreno.

Rossena e la Rupe di Campotrera

Una ulteriore discesa conduce nel fondovalle del rio di Vico, in vista delle vicine rocche di Rossena e di Canossa. Rossena costituisce  un esempio didattico dello stretto  rapporto  intercorrente tra  l’assetto geomorfologico e l’insediamento fortificato medievale. Nel caso specifico si esprime  nella presenza di un grande trovante ofiolitico di tipo  basaltico che essendo inglobato entro masse argillose mesozoiche è stato interessato da processi erosivi di tipo differenziato, che ne hanno isolato la massa rispetto alle argille circostanti; poiché il corpo  vulcanico è  costituito da roccia magmatica assai resistente   con superfici ripide ed accidentate, esso ha dato origine ad un aguzzo  rilievo  conformato a guglia con versanti  strapiombanti che si elevano  improvvisi sulla sommità dello spartiacque  sovrastando per ampio tratto i circostanti rilievi collinari. Questi   ultimi  sono   interamente costituiti da plastiche argille che danno origine a morfologie di versante improntate a modesta acclività che contrastano nettamente con l’accentuata morfologia della rupe vulcanica castellana.

L’insieme di tutti queste processi  ha dato origine ad una  guglia vulcanica  naturalmente vocata a difesa , in grado di offrire  ottimali condizioni per erigervi una struttura fortificata. La sommità della guglia vulcanica è stata  conseguentemente occupata  da un complesso fortificato  che originariamente era  impostato su un’unica  massiccia torre attorno alla quale per aggregazione successiva si è poi sviluppato l’attuale complesso castellano. L’immagine diretta di come anticamente si presentava il castello di Rossena e’ offerta dalla antistante torre di Rossella , anch’essa impostata su di un affioramento di roccia vulcanica  e che costituisce una importante testimonianza  di Torre difensiva a base  quadrangolare risalente al XIII secolo, resa recentemente visitabile.

La Rocca di Canossa

La rocca di Canossa costituisce invece uno spettacolare esempio dei processi di erosione residuale  che caratterizzano le arenarie medio appenniniche emiliane: il luogo  ha attualmente l’aspetto di un massiccio scoglio isolato interamente formato da roccia arenacea, che sovrasta  sottostanti instabili argille mesozoiche. Sulla sommità di questo  ammasso roccioso furono erette, a partire dall’alto medioevo, le strutture dell’attuale omonimo castello, ora ridotto allo stato di rudere.  L’arenaria della rocca di Canossa è costituita da un particolare litotipo ad alto tenore calcareo, di tonalità biancastra, che ha dato nome alla localita’. Questo  affioramento costituisce l’ultimo frammento residuale di una ben più vasta bancata rocciosa, che stata progressivamente smantellata nel corso dei tempi geologici ad opera degli agenti atmosferici: il fenomeno è stato favorito dal fatto che le masse arenacee sormontano direttamente potenti strati argillosi, la cui spessa coltre è evidenziata dallo spettacolare anfiteatro calanchivo che si apre nel versante occidentale della rocca di Canossa.

L’elevato contenuto calcareo dell’arenaria ha determinato  processi clastici di smantellamento verticale, creando   le condizioni per dare origine ad un luogo particolarmente vocato a difesa, essendo  caratterizzato su più lati da pareti rocciose verticali, che si innalzano  per decine di metri, rendendo assai difficoltosi gli assalti. Altra caratteristica del luogo e’ la sua grande panoramicità, conseguente al fatto che i processi erosivi hanno notevolmente modellato tutti i circostanti   depositi argillosi, lasciando svettare  la Rupe di Canossa. La particolare collocazione geografica, del sito ne accentua fortemente la panoramicità, facendone  un balcone panoramico  direttamente proiettato sulla  sottostante pianura padana. Il sito di Canossa e’ strettamente legato al CAI, poiché’ nel 1877 il Sodalizio ne promosse  lo scavo archeologico che consentì di portare alla luce le antiche strutture  castellane, creando poi le condizioni affinché’  vi fosse istituito l’attuale museo nazionale. Nel 2008  per iniziativa del Comitato Scientifico emiliano romagnolo del CAI sono stati riprese le attività di scavo , che successivamente  con il contributo del Comitato Scientifico Centrale del CAI e la partecipazione della sezione reggiana del CAI hanno assunto notevole  rilevanza, consentendo di portare alla luce le inedite strutture sepolte dell’antico borgo annesso alla rocca.

Tra Rossena e Trinità

Proseguendo lungo il  Sentiero dei Ducati, si incontra  un altro contesto  insediativo strettamente rapportato  ai caratteri geomorfologici  dei luoghi: Il tracciato  infatti , dopo aver superato il Monte Tesa, corre parralleo alla vale del Rio Vico, intercettando i borghi di Cerredelo dei Coppi e Vercallo che si affacciano sulla vasta superficie altopianata  di Selvapiana, sulla quale rimangono tracce significative di paleosuoli risalenti alle  fasi terminali dell’ultimo periodo glaciale, come attestano gli estesi depositi di sabbie eoliche. L’area è caratterizzata da estese superfici semi pianeggianti  che si aprono improvvise nel cuore dell’appennino, dando origine ad un’isola circondata da profondi e  ripidi versanti collinari, del tutto inconsueta  nel movimentato paesaggio del sub appennino  emiliano.

Questo particolare assetto dei luoghi viene identificato come una paleostruttura  formatasi a seguito di eventi tettonici connessi  alla gravitazione dell’intera massa appenninica  e come tale costituisce un importante geosito. L’insieme di tutte queste circostanze   rende l’area assai  vocata alle attività agricole e conseguentemente costituì anticamente  un luogo di notevole  richiamo per  l’insediamento umano , che a  partire dal tardo medio evo  si consolidò in  una  articolata serie di borghi.  La presenza nel circondario di una fitta  rete di castelli situati tutto attorno ( rocche di Rossena, Rossenella, Canossa, Cerredolo e  Vedriano) offriva  sicurezza e contribuiva a proteggere tale contesto geografico, creando le condizioni favorevoli affinché a partire dal XIV sec  i vecchi insediamenti, originariamente esclusivamente incentrati attorno alle rocche, si disgiungessero  da esse per collocarsi   in questi  luoghi. In zona è  infatti presente un’articolata sequenza  di  nuclei rurali costituiti da   edifici distribuiti  attorno a singole case a torre, che costituirono le strutture generative dell’intero borgo. Le abitazioni, inizialmente di foggia semplice e realizzate con materiali labili quali legno, tetto in paglia e fango , furono a partire dal tardo medioevo sostituite da fabbricati eretti in  muratura di pietra  legata a calce, con copertura   in laterizio, determinando in tal modo la nascita definitiva dell’ insediamento stabile  di borgo  appenninico.

Intorno al Monte Staffola

Superato il borgo di Barazzone e la notevolissima Pieve di Pianzo, nei pressi di Trintà il Sentiero dei Ducati s’inoltra tra i coltivi presenti lungo lo spartiacque tra val d’Enza e val Tassobbio, proseguendo fino a raggiungere le falde settentrionali del Monte Staffola. In questo tratto il contesto geologico è essenzialmente caratterizzato dalla presenza di potenti depositi di plastiche argille mesozoica, che rispetto agli affioramenti situati nel pedecolle, mostrano localmente notevoli contenuti litoidi di tipo arenaceo/marnoso ,tali da consentire  l’affermarsi dell’insediamento storico sin dall’epoca medievale. La prevalente natura plastica e franosa del substrato geologico, condiziona comunque notevolmente la distribuzione dell’insediamento storico, favorendo   i luoghi situati in corrispondenza di crinali  o sulle sommità dei rilievi, poiché  meno esposti al dilavamento da parte degli agenti atmosferici.

In questo tratto il sentiero avvicina uno dei più importanti nuclei rurali  del medio Appennino reggiano, costituito dal borgo di Albareto, arroccato su uno spartiacque situato alle falde  settentrionali del monte Staffola, ove è presente un affioramento di roccia arenaceo marnosa, (probabilmente un esteso trovante) inglobato nelle plastiche argille: questa circostanza ha favorito la fondazione dell’insediamento già in epoca tardo medievale. Sono qui significative numerose Case a Torre, che presentano i caratteri costruttivi propri di tale tipo edilizio. Il sentiero risale quindi i versanti montuosi in direzione dello spartiacque del monte Cavaliere e di qui, sempre per spartiacque, raggiunge la sommita’ del monte Staffola, che costituisce uno dei più importanti luoghi  panoramici dell’Appennino emiliano. La panoramicità del luogo consegue dal fatto che l’intero versante montuoso è costituito da plastiche argille, che sono state progressivamente erose dagli agenti atmosferici, con processi di erosione accelerati dalla presenza di un importante corso d’acqua. Il monte Staffola consente una visuale amplissima  che abbraccia gran parte del settore occidentale dell’Appennino settentrionale modenese reggiano e parmense, estendendosi anche ad ampio tratto dell’arco alpino. Verso sud e’ visibile il versante sinistro del bacino del torrente  Tassobbio, che a differenza di quello destro, è caratterizzato da una sequenza pressoché ininterrotta di folti boschi che ammantano ripidi versanti arenacei, manifestando  una evidente diversificazione geomorfologica di versante idrografico strettamente connessa al  fenomeno  della  cattura fluviale, poiché il torrente Tassobbio si è  esattamente incuneato in corrispondenza della zona di contatto stratigrafico tra le arenarie e le argille mesozoiche.

La valle del Rio Tassaro

Successivamente il Sentiero dei Ducati  percorre l’area del bacino del rio Tassaro, attraversando un  contesto  geologico  profondamente differente da quelli precedentemente attraversati poiché’  tutta la zona è caratterizzata  da potenti depositi di arenarie stratificate ad alto tenore di silicio sulle quali i corsi d’acqua hanno esercitato profonde  solcature, con ripidi versanti ricoperti da folta massa boschiva. Nel caso della val Tassaro il rapporto tra assetto geomorfologico ed  insediamento storico si incentra essenzialmente su questi  affioramenti di arenarie silicee. Le dinamiche erosive delle acque meteoriche e fluviali  danno qui  origine  a superfici  reliquate a morfologia semi pianeggiante circondate da stretti e ripidi versanti che strapiombano nel fondovalle. Queste superfici  costituiscono aree elettive per l’affermarsi  di insediamenti difensivi sin da epoche remote ed in particolare in epoca medievale.  Anche in questo caso le rocche  svolsero la funzione di nuclei generatori degli abitati ,originariamente  costituiti da povere capanne e  successivamente  realizzati in muratura. La presenza di   ripidi versanti e la  modesta disponibilità   di aree favorevoli alle pratiche agricole, ha impedito in questi contesti arenacei ad alta dinamicità erosiva che si ingenerassero  i processi che diedero poi origine ai cosiddetti borghi di nuova fondazione, come riscontriamo nell’area di Selvapiana. Nel caso della val Tassaro rocche e borghi costituiscono tutt’ora un unico aggregato altamente  espressivo delle dinamiche insediative  che si  generano nei contesti  arenacei medio appenninici emiliani.

Sito emblematico per la comprensione degli dei rapporti intercorrenti tra contesto geomorfologico e dinamiche  dell’ insediamento antropico è costituito dalla località di  Crovara, ove si incontra una rilevante  concentrazione di elementi testimoniali che evidenziano con notevole  efficacia lo stretto rapporto che coniuga sin dall’antichità l’insediamento storico con la presenza di coltri rocciose di natura arenacea. Fulcro  dell’intero contesto storico antropico della zona è costituito  dalla rocca di Crovara  che fu eretta nell’alto medioevo sulla sommità di una guglia arenacea delimitata su tre lati da ripide pareti che strapiombano  nel fondovalle. Il fenomeno è stato favorito dal fatto che la guglia rocciosa   è situata a breve distanza dalla confluenza del rio Tassaro nel torrente Tassobbio, accentuando  in tal modo i processi di erosione,  che in questo caso vengono denominati “di confluenza”,  con marcata   risagomatura dell’intero contesto geomorfologico delle rocce. Il fenomeno è ulteriormente favorito dal fatto che la guglia rocciosa della rocca di Crovara si eleva al limite dell’affioramento  delle  coltri  arenacee che in questo luogo vengono a contatto con i sottostanti terreni argillosi mesozoici.  Hanno in tal modo origine  ripidi salti di roccia, profondamente incisi dai corsi d’acqua che qui attraversano   spesse formazioni di roccia fittamente stratificata . Queste situazioni hanno condizionato l’insediamento borghigiano, dando origine ad un  costruito storico che contempla tipi edilizi tardomedievali relativamente poco modificati , che conservano un patrimonio  artistico-architettonico di notevole interesse . La quasi totalità dei borghi è situata in corrispondenza di lembi   di roccia arenacea  delimitati  da ripidi versanti rocciosi che creano condizioni naturalmente vocate a difesa. Alla mancanza di terreni argillosi a morfologia più digradante, che sono assai più favorevoli alle pratiche colturali, si contrappone in questo contesto geografico la presenza di un substrato roccioso che consente l’impianto del castagno, che per secoli costituì la principale fonte di approvvigionamento alimentare delle antiche genti appenniniche. La rocca di Crovara, attualmente ridotta a scarni ruderi, conserva ben visibile l’articolazione dei suoi antichi volumi, incentrati sulla presenza di una possente mastio  che si ergeva direttamente sulla roccia arenacea, appositamente   modellata per aumentare lo sviluppo in verticale dell’elevato della muratura.

Alcune centinaia di metri a sud-est della rocca e’ presente l’importante sito archeologico del Monte Lulseto, chi fu probabilmente realizzato a partire dalla tarda età del bronzo e che continuò ad essere frequentato sino alla tarda epoca romana. Anche in questo caso esiste un rapporto molto stretto tra contesto geomorfologico e attività antropica poiché l’area del sito archeologico è costituita da estesi lastroni di arenaria ad alto tenore di silicio, disposti a franapoggio, ed orientati lungo l’asse est-ovest; tale circostanza, unitamente alla presenza di una copertura di Erica arborea, ha creato le condizioni affinché il luogo divenisse un sito di frequentazione cultuale probabilmente collegata alla   divinazione delle rocce, incidendo sulla loro superficie numerose solcature, coppelle, canalette ed altri petroglifi, riconducibili appunto a tale antica funzione. Nonostante la natura geliva delle arenarie appenniniche, questi antichi petroglifi si sono conservati in virtù della presenza  di una serie di strati di arenaria  a basso tenore calcareo particolarmente resistenti ai fenomeni di sfaldamento granulare causati  dagli agenti atmosferici , in questo caso ostacolati anche  dal  particolare assetto vistosamente inclinato della roccia ,che favorisce lo sgrondo delle acque, impedendo o rallentando l’azione disgregante del  ciclo gelo-disgelo.

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  • G Cervi ,Canossa ambiente storia e cultura di una regione appenninica Reggio E  1992
  • G Cervi crovara e la val tassaro Reggio Emilia 2013
  • G.Cervi ,notiziario delle ricerche del comitato scientifico sezionale del Club Alpino di Reggio Emilia   2017

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